venerdì 19 ottobre 2012

Solidarietà

Ripensavo al post Bimbi e soldi e riflettevo sul fatto che, oltre al discorso del risparmio e della spesa oculata, c'è un altro aspetto che vorrei passare ai miei figli, cioè quello della solidarietà. 

I miei genitori mi hanno dato sempre un buon esempio su questo punto: ricordo quando cambiarono la cucina, ormai credo siano passati almeno 15 anni, e decisero di dare in offerta una percentuale importante di quella spesa. Allo stesso modo, quando hanno cominciato a  regalarci la busta per Natale e compleanno, ci hanno anche chiesto se volevamo regalare parte di quei soldi a chi ne aveva più bisogno (in particolare, avevamo deciso di aiutare l'associazione CAF di Milano).

Crescendo ho cercato di mantenere questo spirito (quando ho cominciato a lavorare, per un paio d'anni ho dato un contributo mensile ad Emergency), poi le spese sono cresciute (la macchina nuova, poi la convivenza e la costruzione della casa) e la solidarietà è diventata più spicciola e occasionale. 

Ogni volta che ci penso mi sento sempre in difetto per questo. 


Mio marito non sarebbe contrario ad un discorso di questo tipo, ma non ama finanziare associazioni troppo grandi in cui è più difficile capire come vanno spesi i nostri soldi e questo è già un problema perché, non avendo mai ricoperto un ruolo attivo nel volontariato (tranne quello oratoriano) non conosco personalmente e dal di dentro nessuna associazione. 

Lo so, non è un granché come scusa, ma quando non si hanno le idee chiare basta poco per bloccarsi. 

L'anno scorso una coppia di amici (quella della dieta a zona) aveva esternato un desiderio simile al mio, quello di scegliere, sostenere e seguire un gruppo, una onlus della zona, magari unendosi con altri amici, ma il progetto è naufragato prima ancora di partire. 

Ma tornando al tema principale, mi chiedo: come introdurre il concetto con i bambini? 

So che a scuola tutti gli anni si organizzano due raccolte per due progetti: un'adozione a distanza (durante l'avvento) e una raccolta di generi alimentari (durante la quaresima).
In parrocchia, per i bambini che frequentano la catechesi, ci sono altre iniziative nello stesso periodo. 

Il problema è che in entrambi i casi spesso sono i genitori che "tirano fuori i soldi" e il bambino è solo l'intermediario. 

Penso che questo sia sbagliato: secondo me la solidarietà si impara nel momento in cui io rinuncio a qualcosa per qualcun altro. 

O no? 
Voi cosa ne pensate? 
Come vi comportate o come vi comportereste?

2 commenti:

  1. Sono convinta che il nostro esempio per i bambini sia il miglior insegnamento. Con i miei figli partecipiamo sempre alle raccolte alimentari per le famiglie in difficoltà e per renderli partecipi faccio la spesa insieme a loro così si sentono più coinvolti. Inoltre noi da anni, grazie all'impegno di una famiglia della parrocchia che coordina l'iniziativa, sosteniamo il centro di aiuto alla vita (Cassano M. e clinica Mangiagalli di Milano). Si tratta di una realtà nazionale ma che è molto radicata nel territorio con piccoli centri e si riesce a mantenere un contatto anche con le mamme che vengono aiutate, questo ci permette di verificare che il nostro contributo vada a buon fine. Il progetto Gemma, così si chiama l'iniziativa a sostegno delle mamme in difficoltà è aperto dallo scorso anno a tutta la comunità pastorale di Gallarate.

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    1. Ho presente il progetto Gemma, non sapevo ci fosse la possibilità di seguire l'iniziativa "da vicino".
      Riguardo alle raccolte alimentari, stavo parlandone ieri con mio marito e penso che proporremo ad Andrea di contribuire anche finanziariamente per l'acquisto: sono curiosa di vedere come la prenderà. :-)

      Riguardo all'esempio, non sono così convinta che basti... ma magari ci scrivo un post ;-p

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