venerdì 23 novembre 2012

Ex colleghi

Ieri sera sono uscita a cena (in pratica un evento!) con alcuni miei ex colleghi: adoro questi ritrovi perché ci si aggiorna sulle novità, ma soprattutto si ricreano schemi e si rispolverano battute che, chissà come mai, ci fanno sempre morire dal ridere :-D

D'altra parte i miei ex colleghi sono un gruppo davvero particolare: adoravo andare a pranzo con loro, quando eravamo tutti in azienda, perché gli argomenti di conversazione non erano mai banali e spaziavano dalla storia alla politica, dall'economia alla genetica... Ricordo che un altro ex collega, raccontando di come si trovasse sul nuovo posto di lavoro, disse: "non ci crederete, ma loro a pranzo parlano di calcio e veline!" :-D

In particolare possiamo annoverare nel gruppo un highlander: Giorgio, fisico appassionato di storia, racconta gli avvenimenti storici come se ne fosse stato testimone, con effetti comicissimi, che ovviamente noi amplifichiamo:
Lui (alle 8.30 del mattino di un 21 marzo, vedendomi entrare in ufficio): "Chissà come fecero i Caldei nelle loro Ziggurat a capire quand'era l'equinozio!"
Io (un po' sconvolta dalla domanda fatta a bruciapelo...):"I Caldi nelle loro zigulì? Giorgio, come fai a non saperlo, all'epoca eri in un altro continente?"



Senza contare i suoi parenti, che si trovavano sempre nei posti più strani: ricordo per esempio uno zio medico sul Titanic e un altro tra le camicie rosse di Garibaldi. Ovviamente noi sostenevamo che fosse sempre lui, che cambiava identità nel corso dei secoli per non farsi scoprire.

Ieri sera invece parlavamo del fatto di accompagnare o meno i figli a scuola.

Antefatto: ho dovuto compilare un foglio per la scuola primaria in cui elencavo le persone a cui potevano affidare mio figlio all'uscita: c'era la possibilità di inserire tre nomi e anche di indicare se il bambino poteva tornare a casa da solo. Mio marito ovviamente voleva che segnassi che Andrea, 6 anni, può rientrare a casa da solo ("Io alla sua età prendevo già l'autobus da solo per andarci!"), io ho accettato perché così in caso di necessità posso mandare a prenderlo chiunque (con quattro nonni, una bisnonna e una pletora di zii, cugini e prozii,  senza contare eventuali genitori dei compagni di scuola, tre nomi mi sembravano alquanto riduttivi). Il giorno dopo ovviamente, all'uscita da scuola, mio figlio mi ha fatto sapere che la sua maestra voleva parlarmi. Eravamo 4-5 i richiamati, a cui la maestra ha fatto presente che avevamo segnato l'assenso per lasciare andare a casa il figlio da solo (con una faccia tra il preoccupato e lo scandalizzato). I nonni si affrettano a dire che sicuramente i loro figli si sono sbagliati, e recuperano il foglio; i genitori fanno altrettanto, modificando la scelta; io guardo la maestra e le dico di non preoccuparsi, che qualcuno ci sarà sempre, ma preferisco lasciare tutto così. Lei è un po' incredula, ma ovviamente non controbatte.

Partendo da questo, Giorgio tira fuori i suoi ricordi di infanzia: "Io sono sempre andato e tornato a casa da solo!" "Ma Giorgio, erano altri tempi, c'era meno traffico..." "Beh, insomma, era pur sempre Milano" "Ma cosa dici, all'epoca Milano mica esisteva già, al massimo dovevi stare attento ai dinosauri!" :-D

Lui continua imperterrito (ormai è abituato...): "Ma figuratevi che a 7 anni mia mamma mi ha lasciato andare da solo in aereo dai nonni in Ungheria!" (sua mamma era ungherese). "Va be', ti avrà affidato ad un hostess..." "No, in realtà in aeroporto ha trovato un conoscente e mi ha affidato a lui". Io e un'altra mamma presente abbiamo strabuzzato gli occhi sconvolte commentando: "che poi si è scoperto essere un pervertito pedofilo... chissà quante cose hai imparato su quel volo, Giorgio!" Ma lui ribadisce: "Ma sì, una volta ci si fidava di più: mio fratello (più grande di lui di diversi anni, ndr) mi racconta che una volta i miei genitori sono andati con lui a Ginevra in lambretta (il bambino viaggiava su un piccolo seggiolino in legno, il massimo della sicurezza!), ma dato che la lambretta in salita faceva fatica, hanno affidato il bambino al primo automobilista che è passato al confine" Eccerto, chi di noi non affiderebbe suo figlio al primo automobilista che passa per strada, in caso la sua lambretta faccia fatica in salita? Noi eravamo arrivati ad immaginare che lo avessero abbandonato sul ciglio della strada raccomandandogli di rimanere lì: prima o poi sarebbero tornati indietro per quella strada!

Ma non è finita: pare che questa madre ungherese mettesse anche suo figlio sul treno, da Stazione Centrale, da solo per andare a trovare gli altri nonni a San Benedetto Po (prov di Mantova) e il bambino, a 5-6 anni, doveva anche cambiare e prendere la corriera a Mantova da solo!

A questo punto eravamo indecisi: o sua madre sperava di non rivedere più il figlio, oppure ci stava facendo fessi. In ogni caso ho capito che sua mamma era sicuramente meno ansiosa e più sconsiderata si me!

3 commenti:

  1. Sono Giorgio.
    In realtà, anche se non te l'ho mai detto, io in casa ho da sempre un piccolo dinosauro.
    Dal tuo racconto i miei sembrano dei pazzi incoscienti, ma non è così: era lo spirito dei tempi e il controllo sociale.
    Mio fratello non è stato abbandonato al primo automobilista che passava, ma è stato dato in custodia ai doganieri e loro lo hanno affidato ad un pilota famoso:Bonetto (morto 6 mesi dopo in un incidente). Aggiungo il particolare che ti ho già raccontato. Giunti al passo Bonetto scende dalla macchina (credo che dovesse fare pipì) e lascia mio fratello solo. La macchina però non è ben bloccata e incomincia a scivolare verso il burrone (erano sul passo del Gran S.Bernardo). Mio fratello prima si diverte, ma poi percepisce il pericolo e riesce ad azionare il freno a mano a 10 cm dall'abisso. Bonetto torna, vede la scena, si mette a correre per inseguire la macchina, ma non ce la fa. Quando la macchina si arresta Bonetto sconvolto offre una cioccolata calda al piccolo (4 anni).
    Sui viaggi a San Benedetto: mio fratello aveva addosso un cartello con la destinazione indicata e gli altri viaggiatori si prendevano sempre cura di lui.Il capotreno della littorina (si chiamava così l'automotrice diesel) vigilava che scendesse alla fermata giusta. Quindi c'era la corriera (non l'autobus - Ah questi nomi moderni). Quando arrivava, nonna Riccia lo portava in giro per tutto il paese al grido di "El me putein, el me putein vé".
    Nonna Riccia si faceva la barba tutte le mattine (donna baffuta donna piaciuta).
    Questi sono i ricordi di mio fratello che trascrivo fedelmente.
    Ciao
    Giorgio

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    1. Effettivamente ascoltando i racconti di Giorgio trasparirebbe una madre abbastanza "garibaldina" nella gestione della prole.
      Non so se Giorgio poi ci dirà che sua madre era sì Garibaldina ma solo perchè era con gli altri 999 "Cacciatori delle Alpi" nel viaggio verso il Regno delle Due Sicilie.
      Noi però dobbiamo considerare la possibilità che ella sapesse già di avere un figlio "highlander", per cui:
      1) lo doveva necessariamente sapere già da molto tempo e quindi si poteva anche essere stancata oramai da molti millenni di un infante con la stessa radiodatazione di un'ammonite;
      2) si sarebbe preoccupata solo quando avesse incontrato loschi figuri dotati di spadoni medioevali o katane giapponesi.
      Ciao ciao
      Paolo

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    2. Beh, Giorgio, ho cercato di far trasparire il nostro sconcerto ai tuoi racconti... spero di esserci riuscita! :-D
      Mentre il commento di Paolo rende bene il tenore di nostri discorsi: grazie! ;-)

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