Sono catechista da una vita, ma non l'ho mai fatto continuativamente e ho sempre cambiato il gruppo che seguivo.
Ho cominciato che ero ancora alle medie aiutando mia mamma con la classe di mia sorella: più che la catechista facevo un po' di servizio d'ordine.
Poi, mentre ero alle superiori, ho cominciato a seguire un gruppetto di pre-adolescenti (post-cresima) facendo la catechista. Allo stesso gruppo ho fatto catechismo quando ero all'università e loro erano ormai adolescenti.
In seguito, quando ormai lavoravo, ho seguito per un anno il gruppo di mio fratello, adolescente.
Allora c'era ancora il vecchio parroco, che lasciava libertà assoluta alle catechiste, e credo di non aver mai incontrato un solo genitore dei ragazzi che seguivo.
Ho dei ricordi bellissimi, anche perché da sempre sono affascinata dall'età adolescenziale: è l'età in cui i ragazzi cercano di scoprire se stessi e il mondo; in cui li puoi affascinare con un gioco "pissicologico"; in cui cominciano a farsi domande importanti su diritti e doveri, sulla Vita e la Morte. E poi il catechismo non è più "obbligatorio", chi ci va, bene o male, ha già fatto delle scelte oppure le farà anche grazie a quello che tu riesci a trasmettergli. I gruppi sono più piccoli, conta di più l'amicizia tra i singoli membri, i ragionamenti si fanno più complessi, gli esempi più arditi, il rapporto più paritario.
Alcuni ragazzini che seguivo a catechismo sono, da adulti, miei amici e questo è molto bello.
Da quasi 3 anni invece seguo i bambini, perché nell'attuale contesto parrocchiale gli adolescenti vengono seguiti dai giovani e si preferisce che gli adulti si dedichino ai bambini, per tutta una serie di motivi che, giusti o sbagliati che siano, non sono sindacabili (come spesso succede nella Chiesa).